Parrocchia di San Tommaso

La storia

La millenaria chiesa di S.Tommaso è stata sconsacrata nell’anno 1963, dopo la costruzione di una nuova in località più centrale.
Gli affreschi che la ornavano sono stati staccati e, montati su telaio, decorano le pareti centrali della nuova parrocchiale. Si tratta di cinque pannelli di ignoto pittore reggiano della seconda metà del cinquecento e di non facile lettura iconografica: uno sembrerebbe raffigurare la “Resurrezione di Lazzaro”, mentre gli altri hanno per soggetto scene di vita di un santo (S.Tommaso?). Purtroppo è andato perduto l’affresco don “S.Tommaso Apostolo” che in tempi ancora recenti ornava la porta laterale dell’ingresso della vecchia chiesa.

Fra le tele rimaste ricordiamo una piacevole “Madonna del Rosario”, con i relativi “Misteri” riferibili ad un artista operante nella nostra provincia nei primi decenni del XVII secolo e di cui ci sono rimasti analoghi dipinti in altre chiese, specie dell’Appennino. Di buona qualità sono inoltre il “S.Tommaso” settecentesco attualmente in coro e il “Martirio di S.Stefano” (parete laterale del presbiterio) collocabili cronologicamente fra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo.

Assai interessanti sono inoltre le due ancore lignee seicentesche recuperate dagli altari laterali della vecchia parrocchiale: una è in coro, mentre l’altra è conservata ancora smontata in un ripostiglio.

Pochi gli argenti, ma di pregio, generalmente riferibili al XVIII secolo, come il turibolo con navicella e l’ostensorio, di certo dovuti a bottega reggiana (forse dei famosi Magnavacchi); fa eccezione la bella croce astile, che è della seconda metà del cinquecento, probabilmente uscita dalla bottega degli Spani; le placchette superstiti che la ornano (l’Eterno e la Maddalena) costituiscono infatti palesi punti di riferimento con altre opere certe di quella scuola. 

Il Patrono: San Tommaso Apostolo

Lo incontriamo tra gli Apostoli senza nulla sapere della sua storia precedente. Il suo nome, in aramaico, significa “gemello”. Ci sono ignoti luogo di nascita e mestiere. Il Vangelo di Giovanni, al capitolo 11, ci fa sentire subito la sua voce, non proprio entusiasta. Gesù ha lasciato la Giudea, diventata pericolosa, ma all’improvviso decide di ritornarci andando a Betania, dove è morto il suo amico Lazzaro. I discepoli trovano che è rischioso, ma Gesù ha deciso: si va. E qui si fa sentire la voce di Tommaso, obbediente e pessimistica: “Andiamo anche noi a morire con lui”. E’ sicuro che la cosa finirà male, tuttavia non abbandona Gesù: preferisce condividere la sua disgrazia, anche brontolando. Facciamo torto a Tommaso ricordando solo il suo momento famoso di incredulità dopo la risurrezione. Lui è ben altro che un seguace tiepido. Ma credere non gli è facile, e non vuol fingere che lo sia. Dice le sue difficoltà, si mostra com’è, ci somiglia, ci aiuta.

Eccolo all’ultima Cena (Giovanni 14), stavolta come interrogante un po’ disorientato. Gesù sta per andare al Getsemani e dice che va a preparare per tutti un posto nella casa del Padre, soggiungendo: “E del luogo dove io vado voi conoscete la via”. Obietta subito Tommaso, candido e confuso: “Signore, non sappiamo dove vai, e come possiamo conoscere la via?”. Scolaro un po’ duro di testa, ma sempre schietto, quando non capisce una cosa lo dice. E Gesù riassume per lui tutto l’insegnamento: “Io sono la via, la verità e la vita”. Ora arriviamo alla sua uscita più clamorosa, che gli resterà appiccicata per sempre e troppo severamente. Giovanni, capitolo 20: Gesù è risorto, è apparso ai discepoli tra i quali non c’era Tommaso. E lui, sentendo parlare di risurrezione “solo da loro” esige di toccare con mano. E’ a loro che parla, non a Gesù. E Gesù viene, otto giorni dopo, lo invita a “controllare”. Ed ecco che Tommaso, il pignolo, vola fulmineo ed entusiasta alla conclusione chiamando Gesù: “Mio Signore e mio Dio!”, come nessuno finora aveva mai fatto. E quasi gli suggerisce quella promessa per tutti, in tutti i tempi: “Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno”. Tommaso è ancora citato da Giovanni al capitolo 21 durante l’apparizione di Gesù al lago di Tiberiade. Gli Atti (capitolo 1) lo nominano dopo l’Ascensione. Poi più nulla: ignoriamo quando e dove sia morto.

Alcuni testi attribuiti a lui (anche un “Vangelo”) non sono ritenuti attendibili. A metà del VI secolo, il mercante egiziano Cosma Indicopleuste scrive di aver trovato nell’India meridionale gruppi inaspettati di cristiani e di aver saputo che il Vangelo fu portato ai loro avi da Tommaso apostolo. Sono i “Tommaso-cristiani”, comunità sempre vive nel XX secolo, ma di differenti appartenenze: al cattolicesimo, a Chiese protestanti e a riti cristiano-orientali.