La parrocchia di Bagnolo in Piano tra il 1961 e il 1975

Chiedo scusa se ai molti questo articolo dirà poco perché avendolo vissuto sa perfettamente come è stata la vita della Parrocchia di Bagnolo negli anni ’60 e nella prima metà degli anni ’70. Questa però è stata la tesina con la quale sto concludendo il mio percorso di studi in Seminario, e mi è sembrato carino offrirne un riassunto per chi invece in quegli anni non c’era con queste brevi note.

Innanzi tutto la scelta del periodo: dal 1961 è iniziata la pubblicazione del Bollettino Parrocchiale “La Domenica”, la fonte principale di documentazione. Il 1975 è stato scelto come termine sia perché era il 10° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, sia per mantenere una sufficiente distanza temporale con i fatti studiati. E proprio il periodo 1962-1965 è forse il cuore di questo periodo; la Chiesa tenta di rinnovarsi col Concilio Vaticano II e poco si è studiato in diocesi su come le parrocchie abbiano vissuto e poi recepito nei primi anni questa grande riforma che lo Spirito ha suggerito alla Chiesa. In particolare per la Diocesi di Reggio a parte qualcosa della città, l’unica altra parrocchia di cui esista uno studio è quella di San Faustino di Rubiera.

Il parroco è Don Giuseppe Barbieri, servo della Chiesa, fino al 1970; poi dal 1971 è Don Pasquino Fontanili. Curato e redattore del Bollettino nel periodo è sempre stato Don Paolo Morelli.
Lo schema che ho usato per raccogliere i dati è quello dell’annuncio della fede, la sua celebrazione e come essa viene vissuta, ossia gli aspetti di carità, comunione e servizio.

  1. L’annuncio della fede è la realtà che le fonti ci consentono di studiare meglio. Il catechismo, che ancora si chiama Dottrina, è tenuto per i bambini delle elementari, separato tra classi maschili e femminili, ed è improntato in particolare sull’assimilazione dei contenuti, tanto che a fine anno si tengono concorsi interparrocchiali. Questo è un primo dato di differenza con l’oggi, in cui ai fanciulli oltre ai contenuti è necessario insegnare ai bimbi atteggiamenti e comportamenti. Questa situazione era comune in tutte le parrocchie; meno frequente era trovare la scuola materna parrocchiale ed il cinema, due realtà che hanno ampio spazio sulle pagine del Bollettino. Rimane anche una splendida testimonianza di fede vissuta quella che dà don Giuseppe della sua malattia, dal momento che negli ultimi anni di vita aggiorna i parrocchiani mensilmente sul suo stato di salute, fino a dire: “non vi pare logico che il vostro parroco, dopo avervi insegnato a ben vivere, ora vi insegni a ben soffrire e a…ben morire?”. Anche il richiamo all’aspetto missionario in quegli anni è presente, soprattutto grazie alle lettere dalle terre di missione di Suor Maria Chiara Vezzani, della D.ssa Bianca Morelli, sorella di don Paolo, ma anche da confratelli Servi della Chiesa di don Paolo come don Giovanni Voltolini.
  2. Sulla preghiera è più difficile esprimere dei giudizi, i dati sono minori. Sicuramente nella liturgia la parrocchia compie un cammino, sia a livello di animazione musicale, in cui si dibatte sull’introduzione delle chitarre, sia con il processo di sistemazione del presbiterio che, secondo quello che risulta dai Bollettini, pare accettato senza grossi problemi dalla nostra comunità, forse perché quasi nello stesso momento si riescono a portare in Chiesa le spoglie di don Giuseppe. Siamo nel 1972. Dalla lettera Pastorale del 1973 vengono suggerite dal Vescovo le Messe Domestiche, ossia le messe fatte nelle abitazioni: don Pasquino le propone come catechesi adulti.
  3. Sull’aspetto della vita vissuta in quegli anni vengono sistemati gli edifici parrocchiali (è costruito l’asilo, restaurata la facciata, elettrificate le campane, rinnovato l’altare), in più Don Giuseppe inizia a raccogliere fondi per costruire una casa di riposo per anziani, soldi che verranno successivamente adoperati per l’acquisto della casa per ferie di Baselga di Pinè. Anche l’oratorio è sistemato ed ammodernato. Ci sono poi peculiari esperienze caritative, specialmente le raccolte per le missioni, a cura di Don Paolo.

Analizzata la pastorale nei suoi tratti più generali, emerge che le difficoltà maggiori sono date dal contesto materialista dato dalla ideologia comunista che è maggioritaria in paese, e dalla difficoltà di recuperare fondi per le opere parrocchiali. Gli aspetti di crescita più interessanti sono dati da un aumento della consapevolezza dell’importanza della comunione sacramentale durante la messa e dalla crescita di Azione Cattolica.
Invece per quanto riguarda la recezione del Vaticano II, dai documenti disponibili emerge che:

  • nel quinquennio 1961-1965, ossia durante lo svolgimento del Concilio, i temi trattati a Roma vengono seguiti, soprattutto dai membri di Azione Cattolica, ma l’interesse delle adunanza parrocchiali è dato soprattutto a temi più concreti ed operativi.
  • nel quinquennio 1966-1970 inizia ad essere spiegata la riforma liturgica, con le varie semplificazioni soprattutto nel rito della Messa, e la parrocchia inizia a comprendersi sempre meglio come Popolo di Dio, mediante l’attuazione fin da subito di strutture partecipative come il Consiglio Pastorale Parrocchiale.
  • Nel quinquennio 1971-1975 è ancora la liturgia al centro dell’attenzione, assieme al rinnovamento della catechesi. Don Pasquino inizia anche un rinnovamento della catechesi.

Ricordo che le quattro Costituzioni Conciliari, ossia i documenti di maggiore importanza per la riforma della Chiesa, trattano rispettivamente di Liturgia, della Chiesa (intesa come Popolo di Dio e non più solo come società perfetta), del rapporto Chiesa-Mondo ed infine della Rivelazione (con la “riscoperta” dell’uso della Parola di Dio nella vita della Chiesa).

Dopo questa analisi dei tratti più generali, posso concludere che le caratteristiche di questo periodo per la parrocchia di Bagnolo sono:

  1. Costruire le strutture materiali della Chiesa per ampliare e migliorare la Chiesa della persone. Questo potrebbe essere lo slogan che descrive meglio il periodo. Soprattutto il decennio di parrocato di don Giuseppe lascia trasparire tutta una serie di iniziative, che abbiamo descritte, per creare locali adatti al catechismo, all’annuncio cristiano, alla condivisione e allo svago. Anche nel quinquennio di don Pasquino sono completati i lavori all’edificio sacro ed è acquistata una casa per ferie.
  2. A queste opere materiali segue la costruzione della Chiesa delle persone, testimoniata dalla crescita che il parroco promuove dei vari gruppi presenti in parrocchia. C’è da dire comunque che la visione unitaria della parrocchia non è mai messa in discussione durante tutto il periodo esaminato. Fra questi gruppi il più importante rimane quello di Azione Cattolica, che è molto curato dalle attenzioni dei sacerdoti e che anche in seguito rimarrà la spina dorsale della parrocchia comprendendo al suo interno alcune delle figure di laici più preparate. Per i due parroci è molto importante la formazione: don Giuseppe propone un maggior numero di incontri formativi, don Pasquino inserisce sul bollettino diversi articoli di taglio culturale o di argomenti spirituali.
  3. La recezione del Vaticano II è compiuta soprattutto nell’ambito liturgico. Questo aspetto è  valorizzato specialmente dal ministero di don Pasquino. Infatti possiamo dire che fino al 1970 le condizioni di salute di don Giuseppe peggiorano sensibilmente, e tendono a distogliere l’attenzione della comunità sul cammino che si apre. Don Pasquino proprio con la sistemazione del presbiterio e l’apertura anche a nuove forme musicali nella liturgia cerca di portare avanti questo cammino. Per lo più i giovani della parrocchia si lasciano coinvolgere, interessandosi anche di nuovi modi di proporre la musica durante le celebrazioni. È peraltro vero che non si hanno notizia di abusi gravi nelle forme di sperimentazione, come, seppur in modo marginale, è accaduto in altre parrocchie della Diocesi. Rimane il silenzio, almeno per questi anni, su un eventuale cammino che la parrocchia possa avere fatto sulla Parola di Dio; probabilmente è una riscoperta conciliare che in quegli anni a Bagnolo non è stata recepita più di tanto.
  4. L’aspetto comunitario inizia, almeno in modo embrionale, ad essere più capito dalla parrocchia. Si è visto che il primo passo è stato fatto con l’istituzione del Consiglio Pastorale Parrocchiale. In questo senso negli articoli del bollettino si nota anche, soprattutto nel periodo di ministero di don Pasquino, una maggiore attenzione alla realtà diocesana. È probabilmente l’inizio embrionale di un cammino di coscienza della diocesanità che il nuovo parroco ha portato.
  5. Specifico di quegli anni è infine la peculiare spiritualità portata dai Servi della Chiesa. Tutti i sacerdoti a Bagnolo di questo periodo (don Giuseppe, don Paolo, don Bruno) vi appartengono, salvo don Pasquino. Guido Mora, direttore dell’oratorio, ne fa parte. Inoltre Renato Galleno, un giovane della parrocchia, ne diventa membro. Questo si riflette bene soprattutto nell’aspetto missionario, un tema che abbiamo visto ben attestato dalle pagine del periodico esaminato, ma anche l’attenzione alla carità e agli ultimi emergono come realtà importanti nella vita della parrocchia.

Queste pertanto sono le peculiarità della parrocchia, e gli aspetti maggiormente significativi nel periodo dal 1961 al 1975.

Rimangono alcune piste aperte che possono essere utili per l’oggi, per tracciare una strada, e sono date ancora una volta dal Vaticano II.

  1. Ho mostrato come il documento sulla Chiesa e sulla Liturgia abbiano aperto cammini interessanti per la parrocchia, mentre quello sulla Rivelazione è passato più in secondo piano. C’è bisogno oggi di una maggiore conoscenza della parola di Dio per una vita cristiana più matura, ed è necessario che questo cammino sia fatto assieme, a livello comunitario, oltre che personale. Ad esempio, per chi li ha sperimentati i Centri di Ascolto della Parola sono una forma (anche se non l’unica) che ha aiutato i fedeli in questo cammino.
  2. L’altro documento sul dialogo Chiesa-Mondo fa nascere una domanda, oltre che per l’oggi anche per il passato. Bagnolo negli anni ’60 e ‘70 è uno dei comuni in cui il rapporto tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista Italiano è più difficile. Questo è testimoniato tra le altre cose dal fatto di essere stato scelto per un documentario come Bagnolo tra il nero e il rosso. Inoltre il Partito Comunista locale è uno dei più forti come numero di voti. Il bollettino parrocchiale nasce dalla volontà di aprire un dialogo con tutti, ma quanto effettivamente c’è riuscito? I riscontri non sembrano tanti, le sponde abbastanza lontane. E seppur, come abbiamo detto, dalle sue pagine non è mai lasciato spazio alla Democrazia Cristiana, quanto può avere influito sul dialogo la tendenza a far coincidere la dimensione politica, quella di appartenenza all’Azione Cattolica e quella di fede da parte di molti parrocchiani? Inoltre anche il registra del documentario segnala come l’Ufficio DC sia ospitato nei locali della parrocchia, e alcune iniziative politiche tendano a sovrapporsi a quelle religiose. Sarebbe stato possibile tentare in un altro modo? La questione rimane ovviamente aperta.
  3. Don Daniele Gianotti in un suo articolo segnala che “È impossibile comprendere il postconcilio, a Reggio Emilia, se non si tiene conto di due vicende particolarmente significative: lo sviluppo delle missioni diocesane e l’introduzione del diaconato permanente”. Bagnolo in quegli anni non ha seguito subito questi orientamenti diocesani. È bello però che proprio in questi giorni abbia segnato una tappa significativa il cammino sul Diaconato permanente con la disponibilità di quattro persone. La nostra Diocesi ha colto l’importanza di questa pista, aperta dal Concilio ed è stata una tra le prime a conferire l’ordine del diaconato a persone sposate. Come comunità dobbiamo ringraziare il Signore per averci fatto questo dono. Rimane aperta l’altra peculiarità del cammino fatto dalla nostra Chiesa dopo il Concilio: l’aspetto missionario: un’altra pista di crescita possibile da percorrere.

Per concludere, ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggere questo sunto della mia tesina, e vorrei in queste ultime righe ringraziare in particolare don Giovanni Costi e don Daniele Gianotti che hanno seguito il mio lavoro, Carlo Incerti e don Giovanni Rossi per avermi aiutato a reperire il materiale d’archivio e la Prof.ssa Carmen Fomentini per avermi aiutato con le “pecche” dell’italiano.

Lorenzo Zamboni